Nella riflessologia plantare, il tocco dei vari punti, correlati a precise varie parti del corpo, attiva una reazione di riequilibrio.

La riflessologia plantare ha radici antichissime. Secondo alcune ricerche storiche, una pratica simile era diffusa già nella Cina del 4000 Avanti Cristo e nell’Antico Egitto; inoltre, sembra che una sorta di massaggio dei piedi, con finalità terapeutiche su tutto il resto del corpo, fosse in voga anche tra le tribù Vega riportata in alcuni libri sacri. Però dobbiamo attendere tempi più recenti per trovare veri e propri studi sulle zone riflesse del corpo.

Sir Henry Head nel 1893, a Londra, scoprì che in alcune zone della pelle sviluppano un’ipersensibilità alla pressione quando un organo, collegato a tali zone da terminazioni nervose, non funzionano correttamente.

Agli inizi del novecento William H. Fitzgerald, un otorinolaringoiatra, americano, elaborò la cosiddetta “terapia zonale”.

Tra gli anni ’30 e ’40 del Novecento, le teorie sulla terapia zonale subirono un’evoluzione: a ridefinire i concetti di Fitzgerald fu lo statunitense Eunice D. Ingham, di professione fisioterapista. Ingham mappò sulla pianta dei piedi e anche sul palmo delle mani l’intero corpo umano; inoltrò mutò il nome terapia zonale in riflessologia, in quanto sosteneva che le strutture anatomiche del corpo fossero riflesse su mani e piedi.

In Italia, due pionieri della riflessologia plantare contemporanea furono il neurologo Giuseppe Calligaris, Professore presso l’Università di Roma, e il dottor Nicola Gentile. I loro studi sono datati attorno agli anni ’30 del Novecento.

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Riflessologia plantare